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Cover Story - Making of #002

Un altro articolo trascritto dal vecchio sito dedicato esclusivamente alla formazione, su come è stata realizzata una foto molto particolare! Buona lettura!


Oggi vi voglio parlare di quella volta che ho vestito Simona Scalia, modella romana, di un abito bianco, fatto solo da luce. Precedentemente a questa realizzazione, mi ero ispirato al lavoro di George Mayer, un eccezionale fotografo Russo classe 1985, che ha prodotto delle bellissime serie di fotografie, facendo molte sperimentazioni con doppie esposizioni, specchi, colori, ombre e geometrie. In particolare ha fotografato molte modelle, disegnando sui loro corpi con le ombre e spesso abbinandole a figure geometriche luminose. Ho voluto tempo fa sperimentare anche io queste possibilità, in modo da crescere in competenza e nella possibilità di utilizzare con precisione tagli di luce e ombre proiettate. Da questo esperimento nacque la foto di Chiara Bianchino, vestita da un elegante abito nero.


Naturalmente non ho voluto utilizzare il classico proiettore, come in molti casi ho visto fare, ma non è detto che in futuro non proverò ad utilizzare qualcosa del genere, per ricreare altro tipo di effetto. Piuttosto ho riflettuto sulla questione tecnica e mi sono chiesto: ma se invece di utilizzare l’ombra come elemento per disegnare, usassi la luce? Queste sono le domande che non dovrei mai farmi, perché per il mio modo di essere e la voglia di sperimentare che è in me, dopo pochi giorni mi misi subito all’opera per capire se ciò era fattibile e se l’effetto ricreato fosse piacevole e con un minimo di coerenza visiva. Nella foto con Chiara, tutto ciò che è in ombra, quindi sottoesposto rispetto alla luce che colpisce il viso, risulta quasi totalmente non visibile. Nella foto che mi ero proposto di realizzare, sarebbe stato il contrario, quindi avrei dovuto usare la sovraesposizione , la luce, per far perdere visibilità al corpo nudo. In sostanza avrei ricreato un abito bianco, invece che scuro, illuminando “troppo” la parte del corpo sul quale volevo disegnare.

Prima di proseguire però, c’è da aprire una piccola parentesi sulle luci, morbide e dure. Come spesso dico, luce morbida e dura sono facili da ottenere. Dipende tutto dalla fonte che emette luce, anzi, dalle sue dimensioni. Ho notato di sovente che per correggere un’ombra un po’ troppo dura e dettagliata, magari sul viso, in molti tendono ad arretrare la fonte luminosa rispetto al soggetto, come se la causa di quell’ombra non voluta, fosse la potenza dell’emissione di luce. Non c’è nulla di più errato. Una luce dura si crea con un emettitore piccolo. Una luce morbida, si crea con un emettitore grande. Per emettitore, grande o piccolo, non intendo altro che la forma della fonte di luce. Se tengo un flash a slitta, detto speedlight o cobra, nudo, senza alcun diffusore, sto facendo lavorare una fonte di luce di pochi cm, quindi molto piccola e genererò delle ombre molto marcate. Se lo stesso flash lo inserisco all’interno di un softbox molto grande, genererò una luce più morbida, sarà tanto più morbida quanto grande sarà il softbox. Rimane scontato che il softbox debba lavorare bene e non riflettere una piccola porzione di luce raccolta. Ma c’è un altro fattore molto importante che determina questo fenomeno. La distanza della luce dal soggetto. Difatti la dimensione è relativa alla distanza luce/soggetto. Se utilizzo un softbox per ammorbidire la luce, lo devo posizionare a una distanza coerente, se lo allontano di 10 mt dal soggetto, invalido il suo lavoro. Ad esempio il sole è più grande della terra, ma si trova molto distante, quindi diventa una emissione di luce fatta da un pallino su nel cielo, generando ombre molto dure e marcate, negli orari in cui è bello splendente in mezzo al cielo e con una certa altezza. Diversamente il suo lavoro viene ammorbidito, in una giornata coperta, come se ci fosse un enorme softbox sulle nostre teste. Attenzione però, non confondiamo una scena con forti contrasti con una scena illuminata da una luce dura. Forti contrasti è possibile generarli anche con un enorme softbox posizionato a poche decine di cm dal soggetto e quindi con una luce morbida. Una luce dura è quando c’è un passaggio netto e veloce dalle zone luminose alle zone in ombra. Una luce morbida ha un passaggio molto graduale e sfumato, dalle zone luminose a quelle in ombra.

Fatte queste dovute precisazioni, torno a descrivere l’immagine in cover. Non è stato facile realizzarla, ci ho messo un po’ a far calibrare il tutto. Ho usato una sola luce artificiale è un po’ di luce naturale che entrava da una finestra in studio. Ho posizionato una luce continua Quadralite Led (clicca sul link per vederne le specifiche ) ed ho ritagliato una maschera in cartoncino, che mi permettesse di non illuminare il viso e la scollatura dell’ipotetico abito di Simona. Queste parti non illuminate dal Led, sono visibili perché illuminate dalla luce che ho lasciato entrare in sala da posa. Devo essere onesto, il più della difficoltà è stato a carico della modella, che non aveva grande possibilità di potersi muovere ed esprimersi. Io ho dovuto “solo” trovare le esposizioni giuste, in questo caso potrei chiamarle sbagliate, e le corrette distanze. Perché parlo di distanze? Perché oltre ad aver posizionato il mio Led, senza ausilio di alcun modificatore ( cosa che da parecchio fastidio al soggetto ripreso ), alla dovuta distanza per avere le ombre più marcate possibile, ma anche per avere una quantità di luce necessaria affinché potessi sovraesporre le zone del corpo illuminate, dovevo curare altri due aspetti molto importanti. La distanza del soggetto dal fondale color grigio 18, in modo tale da non avere ombre proiettate su di esso.

La distanza della maschera realizzata in cartone, dal mio soggetto. Anche questa cosa determina la precisione del passaggio tra luce ed ombra, che risulta determinante per far avere la percezione che la pelle diventi tessuto. Il passaggio deve essere molto netto. Per avere questo risultato, la maschera, o qualsiasi corpo faccia ombra sul soggetto, deve essere posizionato molto vicino al soggetto.

Basta fare una semplice prova, utilizzando la torcia del cellulare. Abbiamo un emettitore di luce molto piccolo, il led, possiamo provare a puntarlo su di una parete e osservare cosa succede facendo ombra con la nostra mano. Se avviciniamo la mano al led, l’ombra risulterà grande e poco definita nei contorni. Se avviciniamo la mano alla parete, dove proiettiamo la luce, l’ombra diverrà più piccola ma molto definita nei contorni. Ora lasciamo la mano ad una distanza molto ravvicinata alla parete, se avviciniamo il led alla mano, l’ombra si ingrandirà e perderà un po’ di dettaglio nei bordi, se allontaniamo il Led, l’ombra sarà ben definita ma perderemo potenza mano mano che ci allontaniamo.

E’ la stessa cosa che ho dovuto fare io in studio. Posizionare la luce led ad una distanza considerevole, ma non esagerando per non perdere potenza. Posizionare una maschera in cartone, abbastanza vicina al soggetto, per avere dei bordi ben dettagliati, tra la luce e l’ombra e soprattutto in modo che le dimensioni delle ombre fossero coerenti col disegno che volevo ottenere. Poi ho ovviamente un pò “barato”, perchè la mancata perfetta nitidezza del passaggio abito/pelle, l’ho sfuocata usando un diaframma aperto e tenendo il fuoco sul viso. Avrei potuto fotografare con un diaframma più chiuso, ma disponendo di poca luce avrei anche dovuto usare una sensibilità iso ancor più elevata, generando una grana poco gestibile o cumunque dovendo fotografare con tecniche che permettono di ridurla, arricchendo di problematiche. Ricordo che l’esposizione corretta è nell’ombra, il viso è illuminato da una debole luce che entrava in studio. La maschera aveva più o meno questa forma e l’ho attaccata ad una boom, in modo da tenerla sospesa a mezz’aria. Questo stativo, permette di posizionare le luci all’interno del set, senza avere l’ingombro dello stativo nel campo di ripresa, è possibile posizionarla anche perfettamente orizzontale. Info qui.


Ovviamente neanche io avrei dovuto proiettare ombra sul soggetto, quindi il led l’ho dovuto posizionare abbastanza in alto, per ridurre l’ingombro della mia ombra. Ma altra cosa complessa è stata il trovare la giusta posizione di tutto, in modo tale che la maschera in cartone, non fosse inquadrata. Più o meno è accaduto ciò.


Credits immagini Freepik modella | fotografo

Perfetto, tutto quadra! Ma questo nei sogni… se guardate bene lo schema, ad occhio la sala da posa dovrebbe essere profonda 8 metri, alta 6… Io questa foto l’ho fatta in una sala di meno di 5 metri di profondità e circa 3 metri di altezza. Quando invece lavorai con Chiara, vestendola di ombra, avevo 14mt utili di profondità e fu tutto più semplice! Come avrò fatto? Assumendo posizioni assurde per scattare la foto, posizionando il led al limite della fisica, incastrato tra soffitto e parete opposta al fondale, proiettando ombre orribili sul fondale che ho poi dovuto lavorare in post. In pratica, vi mostro una serie di scatti che ho fatto, per rendervi partecipi della sofferenza che c’è stata dovendo ripulire il fondo, calibrare luce ed ombra, esponendo correttamente nell’ombra e dovendo far entrare nel frame la mia modella. Modella che ha avuto una massiccia dose di pazienza…


In alcune prove, come si evince anche dalla serie di test qui sopra senza alcuna post produzione, ho provato a ripulire il fondale dalle ombre, usando un’altra luce, ma riuscivo ad ottenere solo un sfondo sovraesposto, che si confondeva col corpo della modella, stavo lavorando dovendo esporre correttamente qualcosa di illuminato molto poco, quindi qualsiasi altra fonte di luce, seppur di bassa intensità, mi avrebbe inquinato la scena e reso più difficile il lavoro. Ho optato per tenermi le ombre sul fondale e di ripulire poi in post, se proprio mi avessero disturbato, oppure di tenerle.

Una precisazione: se devo fare un lavoro in bianco e nero, scatto in bianco e nero, con un preset personalizzato di cui vi parlerò in un prossimo articolo, quindi quella serie pubblicata, non è altro che un collage di alcuni jpeg direttamente dalla camera. L’immagine finale, mi ha soddisfatto, mi ha dimostrato che ciò avevo ideato, fosse realmente fattibile e mi ha anche dato la possibilità di riflettere su alcuni aspetti di natura concettuale, legati a ciò che vediamo e ciò che non vediamo e all’ombra e alla luce. Naturalmente non mi sono fermato qui, ma da qui ho iniziato a fare creazioni più precise, combinando ombra e luce.




Spero che la condivisione di questo esperimento, possa essere d’ispirazione per vostre produzioni interessanti oppure più semplicemente, che vi abbia chiarito o confermato, alcuni aspetti legati alla luce.

Trovate e troverete altre realizzazioni sul mio instagram raffaeleingegno oppure cercando #dressinlightandshadow . Ricordo inoltre, che utilizzando questo codice sconto UXNB4MV5 nella casella Voucher all’atto del checkout sullo shop Quadralite, sarà possibile ricevere uno sconto offerto da me!

Si ringraziano le modelle Simona Scalia, la modella vestita di luce, e Chiara Bianchino, la modella vestita di ombra, e nell’ordine Gaia, Elena, Yassine ed Elisa per le realizzazioni combinate con effetti di ombra e luce.

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